della pandemia ha accelerato 3 tendenze sul posto di lavoro già in atto in precedenza seppur a ritmi più blandi:
1. la ricerca di significato del proprio lavoro
2. il desiderio di maggiore flessibilità
3. il ritmo deciso per la trasformazione tecnologica
Queste tendenze hanno consentito elementi positivi di cambiamento come una spinta decisiva verso l’utilizzo di una modalità di lavoro sempre più ibrido e un radicale cambiamento dei luoghi di lavoro e delle competenze richieste.
Dall’altro lato, però, queste tendenze hanno progressivamente portato ad un importante ‘attrito’, che si traduce con una crescente irrequietezza di una buona parte del capitale umano.
Come sottolinea l’esperto di HR
David Green: “
le aspettative dei collaboratori sono aumentate.
Penso che ci sia sicuramente un purpose che le persone vogliono avere nel lavoro e questo sta venendo fuori”.
Le organizzazioni, quindi, stanno comprendendo l’importanza di riesaminare e migliorare il modo in cui attraggono, reclutano, sviluppano e mantengono in forza i talenti.
Gli strumenti più tradizionali di attrazione, reclutamento e mantenimento dei talenti come la retribuzione, l’aumento salariale e la promozione, rappresentano ancora punti forti per le strategie delle aziende e funzionano bene soprattutto per una fetta significativa della forza lavoro.
Ma molte altre persone, soprattutto i talenti delle generazioni Y e Z, cercano qualcosa in più e dimostrano di avere priorità diverse anche legate a purpose più sociali.
La sfida per le organizzazioni è quello di saper costruire esperienze di valore che possano essere attrattive durante tutte le fasi: dall’attrazione e reclutamento del talento, fino alla scelta continua durante la sua permanenza in azienda.
Cosa possono fare le organizzazioni per rispondere a questi cambiamenti ed essere attrattivi verso i talenti?
Possono agire su 3 fasi strategiche in ambito Employer Branding:
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